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Immagine del redattoreJanet Pitarresi

Punizione o educazione? Il calcio giovanile e l'importanza di una giustizia che insegna




Firenze, 10 novembre 2024 - Stamattina la cronaca sportiva ha riportato una notizia che fa riflettere: un giovane atleta della categoria Giovanissimi Under 15 è stato squalificato per quattro anni per aver aggredito un arbitro. Si tratta di un episodio grave, che pone interrogativi su come il mondo sportivo affronta certi comportamenti e su quale sia la strada più efficace per aiutare i giovani a crescere non solo come atleti, ma anche come persone.


In una recente intervista alla Nazione, il presidente del Comitato Regionale Toscana Figc-Lnd, Paolo Mangini, ha espresso un punto di vista che rispecchia un’idea su cui vale la pena soffermarsi. Secondo Mangini, pur essendo la punizione necessaria per far comprendere l’errore, sarebbe altrettanto importante prevedere un percorso rieducativo per i giovani atleti.


Un periodo di squalifica così lungo, infatti, rischia di avere l’effetto opposto, allontanando il ragazzo dal mondo dello sport e da una potenziale fonte di crescita e maturazione. L’idea della “giustizia riparativa” proposta da Mangini è quella di introdurre misure alternative alla squalifica tradizionale: attività educative, corsi per arbitri o il coinvolgimento in altre attività legate allo sport, che possano insegnare al giovane un approccio diverso al rispetto delle regole e delle persone.


Anche il nostro presidente, Maurizio Razzi, ha condiviso il suo pensiero a riguardo. Con più di cinquant’anni di esperienza nel mondo dello sport, Razzi sa bene quanto sia importante per i ragazzi ricevere segnali chiari e forti su cosa è giusto e cosa è sbagliato. Tuttavia, è altrettanto consapevole di quanto sia fondamentale accompagnare queste punizioni con un percorso che permetta loro di rimettersi in gioco e crescere. “Uno stop di 4 anni per un ragazzo di 15 anni è un macigno. Giusto punirlo e fargli capire l’errore, ma poi è necessario passare alla fase rieducativa per evitare che prenda brutte strade”, afferma Razzi. Il rischio di squalifiche così lunghe è di chiudere definitivamente la porta a un giovane, impedendogli di ritornare in campo con una nuova consapevolezza.


Alla Sales, crediamo fermamente che lo sport abbia un valore educativo profondo. Non ci limitiamo a parlare di rispetto e inclusione, ma li mettiamo in pratica, attraverso progetti come Salesandia, dove i ragazzi hanno l’opportunità di confrontarsi su temi fondamentali come la resilienza e il rispetto per gli altri. Collaboriamo con psicologi e formatori per offrire ai giovani un ambiente in cui crescere in modo sano e consapevole. Il calcio, per noi, è molto più che un gioco: è uno strumento per insegnare e per trasmettere valori che resteranno con loro per tutta la vita.


In un contesto come quello attuale, dove purtroppo non mancano episodi di aggressività verso gli arbitri, è necessario trovare una strada che combini la giusta severità con l’opportunità di riscatto e di crescita. L’idea di scontare una squalifica partecipando a servizi educativi o civili all’interno delle società sportive potrebbe essere un modo per dare un segnale positivo e costruttivo, evitando che il giovane si senta abbandonato e “tagliato fuori” dal mondo sportivo.


Alla Sales continuiamo a credere che il calcio possa e debba fare la differenza, aiutando i giovani a diventare adulti responsabili e rispettosi.

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